da un ricordo di Carlo Luigi Ciapetti I5CLC (SK)
Premessa: ma cos’è una “alluvione” ?
Come dice Valeria, di qualsiasi problema si tratti è sempre necessario sapere quale sia il significato delle parole che lo descrivono. Facendo riferimento all’enciclopedia on-line Wikipedia, si viene a sapere che la parola alluvione viene usata per indicare un evento di accumulo di materiale fluviale e che, in sintesi, le alluvioni sono i sedimenti trasportati dal fiume al di fuori degli argini in seguito ad un’esondazione; nell’italiano recente viene anche ritenuto sinonimo di inondazione e le due parole attualmente sono utilizzate con lo stesso significato.
Il processo dell’alluvione è del tutto naturale, che si manifesta costantemente in varie posizioni lungo l’alveo di tutti i corsi d’acqua e che può essere un evento catastrofico, causato da avverse condizioni atmosferiche che provocano piogge torrenziali per giorni o settimane. È intesa come un fenomeno particolarmente devastante e fa parte delle calamità naturali, per il suo impatto drammatico sulle vite e le opere umane. Un’alluvione trasporta grandi quantità di suolo e detriti strappati dalla forza dell’acqua, provocando ulteriori danni e rendendo più difficili i soccorsi. Durante un’alluvione, oltre alla massa d’acqua, grandi quantità di fango e di altri sedimenti vengono trasportati nei territori adiacenti al letto fluviale e quindi le alluvioni, quando avvengono in territori più o meno densamente abitati, possono essere causa di numerosi danni.
Infatti, un aspetto di fondamentale importanza per quanto riguarda gli effetti delle alluvioni è la distribuzione delle popolazioni vicino ad un corso d’acqua, cosa che avviene spesso perché sin dall’antichità l’uomo ha costruito le città vicino al mare o ai fiumi, per aver un accesso più rapido ed a buon mercato a riserve alimentari e alle vie di comunicazione commerciale. Inoltre, mentre da un lato l’uomo cerca di limitare o impedire le alluvioni tramite interventi su argini, dighe e canalizzazioni, dall’altra ne favorisce l’effetto devastante con l’abusivismo edilizio in luoghi che diventano così a rischio idrogeologico, specie nei pressi delle città più popolose, dove si costruisce a ridosso degli argini o nella parte asciutta del letto di un fiume, dimenticando che i corsi d’acqua possono superare gli argini entro i quali scorrono.
E’ questa la situazione complessiva che ha causato molte alluvioni a danno di Firenze, ultima in ordine di tempo quella del 1966 di cui si ricorderà il prossimo anno il 50° anniversario.
Il ricordo di quei giorni
Oltre a voi, cari nipoti, sono stati in tanti a chiedermi cosa fosse successo in quella terribile notte dell’alluvione che sconvolse Firenze la notte del 4 Novembre 1966 ei miei ricordi sono affiorati a poco a poco, sempre più numerosi ed organizzati. Non pretendendo che questa storia sia quella definitiva, posso comunque cominciare così: verso le tre di nottedel 4 Novembre, fui svegliato dallo squillo del telefono: era un amico antiquario, Pasquale Donadio, che stava in Borgo Santi Apostoli, proprio nel centro di Firenze, dietro il Lungarno Acciaiuoli.
Mi disse, con voce concitata: “Qui c’è acqua dappertutto !”. Insonnolito e scocciato gli risposi: “E io che ci posso fare ? Domani telefona all’idraulico !” e riattaccai…. Pochi secondi dopo il telefono squillò di nuovo e la sua comunicazione fu ben diversa e molto precisa: “Aspetta ! Lasciami parlare ! Guarda che non è l’acqua di casa ! E’ l’Arno che è straripato !!!”. Vivevo allora in collina e non correvo alcun pericolo, ma intuendo la gravità della situazione mi vestii in fretta e furia, salii in macchina e mi misi in strada per andare a vedere cosa stava effettivamente succedendo. Fu però una corsa di breve durata perché quando arrivai in Piazza Stazione mi trovai di fronte ad un vero e proprio lago e dovetti tornare indietro.
Siccome sono, ed ero anche allora, un radioamatore, appena tornato a casa, mi precipitai alla stazione radio, la accesi e cominciai a chiamare sulla banda dei 20 metri.
Pochi minuti dopo mi rispose Orlando Lazzerini (nominativo radioamatoriale I1LAO:ancora non c’era stato il rinnovo dei nominativi per regione, io stesso, adesso I5CLC, ero ancora I1CLC) e mi disse che anche la Greve, un torrente affluente dell’Arno, stava straripando e che era insieme al Sindaco di Scandicci, che a quell’epoca mi sembra fosse Orazio Barbieri. Cominciò così, alle 4 di mattina, la formazione della rete di emergenza primaria dei radioamatori (anche se la registrai ufficialmente solo alle 9 sul log di stazione) che permise da allora e nei giorni successivi le comunicazione di Firenze col resto della Toscana, dell’Italia e del resto del mondo. Assuntomi necessariamente il compito di capo-maglia, a poco a poco si addensarono disciplinatamente su questa frequenza centinaia di radioamatori – specie nord e sud americani, per la propagazione attiva in quelle ore – che chiedevano notizie della situazione o della sorte di parenti o amici.
Aiutato dall’allora sedicenne Nicola Brechler, SWL I1-12573, che mi aveva raggiunto all’alba e che si era messo ad operare sulla banda dei 2 metri, la mattinata passò estremamente intensa, impegnata nella seconda parte nello scambio di informazioni con radioamatori europei – per effetto del cambio nella propagazione – finché nel primo pomeriggio venne da me l’amico Enzo Scola, allora dirigente della polizia, che mi chiese di andare in Questura per organizzare una rete di comunicazioni locale fra i centri di soccorso che si stavano formando e le diverse autorità.
Queste erano ormai rimaste isolate non solo per la mancanza dei mezzi di comunicazione ufficiali – come il telefono e le radio di servizio, in gran parte rese inutilizzabili dalla mancanza di energia elettrica e dall’allagamento dei generatori di riserva, generalmente posti nelle cantine – ma anche dalla impossibilità di comunicare fra loro, con le ricetrasmittenti disponibili, in quanto operanti su frequenze diverse…
Salii sulla Jeep e andai a trasferire l’incarico di capomaglia a Luciano Orsettigh I1ORS, che stava in un’ottima posizione per i collegamenti radio.
Dalla Questura – dove il telefono funzionava ancora – provvedemmo poi a contattare tutti i radioamatori che non avevano avuto problemi, sollecitandoli ad intervenire e mandandoli a prelevare con le jeep insieme ai loro apparati per trasferirli in una serie di postazioni di primaria importanza (sedi operative della Prefettura, della Questura, dei Vigili del Fuoco, della Misericordia, del Campo Emergenza allo Stadio Comunale, della RAI ed altre ancora). Grazie alla loro disponibilità ed alla loro competenza tecnica, specie nel risolvere il difficile problema delle antenne, fu così possibile creare, in tempi brevissimi e nella stessa giornata, una rete di emergenza locale che assicurò per diversi giorni i collegamenti non solo fra le sedi locali delle autorità e delle strutture di soccorso impegnate nella gestione degli interventi, ma anche – tramite la rete di emergenza primaria – con sedi pubbliche e aziende private dislocate nel resto d’Italia.
Alle 20 dello stesso 4 Novembre erano ormai centinaia le stazioni radioamatoriali italiane ed estere coinvolte nella rete di emergenza primaria, che poteva contare su un’elevata affidabilità dei collegamenti in fonia – principalmente sulla banda dei 2 metri – in un’area assai estesa, che ad Ovest arrivava fino a Pisa, a Nord fino a Modena e a Sud fino alla provincia di Viterbo. Ai contatti con l’estero si seguitava a provvedere principalmente – propagazione permettendo – sulla gamma dei 20 metri.Questa rete si era consolidata anche grazie all’opera dei molti radioamatori confluiti in casa di Luciano, attivando surrettiziamente anche le bande degli 80 e dei 40 metri ed il servizio in telescrivente. Oltre a dare informazioni a radioamatori di tutto il mondo, preoccupati non solo della sorte di parenti e amici ma anche, assai spesso, di quella di Firenze e del suo patrimonio artistico, il compito principale di questa rete
fu quello di raccogliere i messaggi delle postazioni prima citate, ossia dalla rete di emergenza locale di Firenze, per trasferirli verso la loro destinazione finale.
E, naturalmente, anche viceversa…
Nel frattempo, reti locali analoghe erano andate costituendosi – sia nelle città toccate dall’alluvione, in aiuto alle operazioni di soccorso, sia in quelle che non avevano avuto questa disgrazia, in supporto all’emergenza – gestendo i messaggi di Prefetti, Sindaci, Questori e di altri pubblici amministratori.
Nella ricerca effettuata per riportare alla memoria della pubblica opinione la presenza dei radioamatori nella emergenza alluvione del 1966, in occasione della commemorazione dei 40 anni dall’alluvione di Firenze, si trovò un documento interessante: il filmato realizzato da Luca Corsini I5IHE tuttora presente su youtube
Da fondatore della rete di emergenza primaria, nella stessa giornata dell’inizio dell’alluvione, mi ero quindi trasformato in organizzatore e i giorni seguenti li passai saltando da una stazione all’altra, per rimediare a situazioni critiche, curare l’organizzazione logistica e fare in modo che tutto funzionasse al meglio. Necessariamente, mangiando quello che trovavo (fame, fame, fame… Tanta fame ma ricordo anche le ottime lasagne che giungevano dalla sede di Bologna alla RAI, che allora era in pieno centro, in Piazza Santa Maria Maggiore, nel cosiddetto Palazzo delle Cento Finestre) e dormendo dove capitava (quando si poteva: su una sedia, con una coperta per terra ma anche – meraviglioso ! – sul letto che trovai una sera nel piano rialzato di un negozio di mobili alluvionato e con le vetrine scardinate dall’acqua…). E feci anche tante fotografie…
E ancora a casa, con tanti ricordi…
Per una settimana vissi un momento speciale, in una situazione del tutto precaria ma anche entusiasmante – oltretutto avevo 28 anni ! – per la collaborazione che ricevevo da tutti e per i ricordi incancellabili, come lo scenario notturno di una Piazza Santa Croce sommersa dal fango, illuminata a giorno dalle fotoelettriche dell’esercito e con la statua di Dante proprio nel mezzo che sembrava chiedere soccorso in quella… dimensione infernale ! E i ricordi sono ancora tanti ma mi preme soprattutto citare quei radioamatori cui fui più vicino in questo frangente, almeno quelli che riesco a ricordare, molti dei quali dopo mezzo secolo non sono più fra noi. Prima di tutto Luciano Orsettigh I1ORS (amico di Piero Bargellini, l’indimenticabile “Sindaco dell’Alluvione”), Mario Rosi I1ROD (l’elettricista che risolveva tutti i problemi), Avaldino Innocenti I1CAO (tecnico della RAI che ci aiutò moltissimo e, soprattutto… ci fece mangiare !).
E poi Giorgio Camprincoli I1TFF, Mario Cipriani I1HM, Orlando Lazzerini I1LAO, Valerio Anglani I1AVB, Giuliano Pietri I1ZIE, Umberto Rava I1ZIZ, Giacomo Conti I1CNG, Mauro Meco I1MEC, Renzo Doni I1RDN, Sergio Paloschi I1PLS, Angiolo Chiti I1SXN e il grande e generoso Piero Moroni I1TDJ, prematuramente scomparso alcuni anni fa.
Ma anche e in particolar modo i più giovani di allora, ancora studenti, come i giovanissimi e appassionati Nicola Brechler, Roberto Ruisi, Pierluigi Filetti, Mario Filetti e Dante Calviani: già in possesso della patente; in seguito questi ultimi diventarono tutti radioamatori con i nominativi I1RUI, I1FIP, I1FIL – ora IK5BFB – e IK5ASN.E come non parlare di Garimeta Gentile I1ZCN, che essendo medico andava a curare o a portare in salvo la gente col gommone e per questo ebbe una medaglia dall’Ordine dei Medici, e di Giampiero Faccini I1LCD, che aveva una gamba rotta e che mandò un piccione viaggiatore alla moglie per avvisarla che non sarebbe tornato… Stette in Questura per tutto il tempo dell’emergenza e, unico fra tutti noi, ebbe il cavalierato…
Ma vanno ricordati anche quelli loro stessi alluvionati che non poterono fare molto, occupati com’erano a cercare di salvare il salvabile, come Sandro Saccardi I1ZJU che abitava a Gavinana e aveva la casa sott’acqua, Giorgio Poggiali I1CQD pellicciaio in Via Cerretani con il negozio distrutto, Mario Passeri I1UB editore di carte da giuoco in Via Palazzuolo, a due passi dal Ferrero Paoletti, pure col negozio sottacqua in Via Il Prato, impegnato con Gerardo, Tiziano e il resto della famiglia a… salvare il salvabile ! E tanti altri ancora.
E un ricordo commosso va poi ai “non radioamatori”, come Irige Brizzi e il Maresciallo Fabbri della Squadra Mobile, le prima ispettrici di polizia, i tanti ragazzi e ragazze che si erano messi a disposizione come volontari, dei quali ricordo solo alcuni nomi: Lilia Bertelli, Grazia Cotoneschi, Marco Berardinelli, Alessandro Grossi… E poi Paolo, Gianni, Lucia, Violetta e tanti, tantissimi altri…
Emergenza e Radioamatori
Il bilancio delle due reti di emergenza fu assolutamente positivo, considerato anche che nessuno di noi aveva mai avuto alcuna esperienza del genere e che perciò ci eravamo dovuti inventare tutto. D’altronde l’amico Lorenzo mi ha detto: “Ricorda sempre che i dilettanti hanno costruito l’Arca ed i professionisti il Titanic !” ed in effetti il compito svolto fu prezioso e insostituibile perché le due reti – che operarono incessantemente fino al 10 Novembre, quando riprese la normale operatività delle comunicazioni ufficiali e provvidi alla disinstallazione delle postazioni – permisero uno svolgimento regolare delle attività di soccorso. Alcune postazioni rimasero tuttavia attive molto più a lungo, come quella presso lo Stadio dell’acquedotto fiorentino in Viale Manfredo Fanti.Ma il momento di coesione attuatosi così fra i radioamatori fiorentini portò anche altri frutti.
Alla fine dell’anno realizzaiinfatti un bollettino per la Sezione di Firenze, della quale era allora Presidente Luciano Orsettigh I1ORS, chiamandolo “599”ossia il rapporto di “ricezione ottima” nei collegamenti in telegrafia. In quei giorni nacque fra l’altro il rapporto di amicizia che – insieme a Valerio Anglani I1AVB – portò a far nascere proprio a Firenze, nel 1973, la prima stazione radio televisiva privata “via etere” d’Italia: Teletoscana. Un giorno, se vorrete, ve ne parlerò…
La attività dei radioamatori – definita internazionalmente proprio come “amateur radio service” e cioè come “servizio di radioamatore” – si era nel frattempo dimostrata essenziale in caso di emergenza. Era accaduto la prima volta nel 1951 per l’alluvione del Polesine e successivamente è poi avvenuto in tante altre terribili occasioni, purtroppo abbastanza frequenti.
Fu anche su questa base che poté crescere e consolidarsi la struttura del CER (Corpo Emergenza Radioamatori) dell’ARI (Associazione Radioamatori Italiani, di cui ero allora e sono tuttora Socio)che divenne così una risorsa operativa di immediata disponibilità e di altissima efficienza.
Un “servizio” – appunto – ritenuto di grande importanza sociale, tanto che nel 2006 la Regione Toscana volle ricordarloin una sua pubblicazione sul 40° anniversario dell’alluvione e con una serie di manifestazione, convegni e mostre, includendo i radioamatori dell’emergenza fra gli “angeli del fango”…
E gli “Angeli del fango” ricomparvero a Genova per l’alluvione che sconvolse la città ligure nel 2011, migliaia di giovani volontari che aiutarono concretamente la popolazione a ripulire la città dai detriti dell’alluvione.
Poi è arrivato il tempo dei ricordi e delle celebrazioni, delle manifestazioni e delle nuove realtà
Fra queste c’è il Museo dei Mezzi di Comunicazione del Comune di Arezzo, che ha sede nel Palazzo Comunale, ideato e curato dal Professor Fausto Casi, un appassionato collezionista di apparecchiature, alcune delle quali di grande importanza.
E’ in questo Museo, al quale la donai nel riconoscimento della sua eccezionale rilevanza, che è adesso esposta la stazione radio con la quale operai in quel fatidico evento.